Rivoluzione fa rima con innovazione? Quali sono gli ostacoli che devono superare i lavoratori dell’industria 4.0?

In molti si domandano come il progresso possa sposarsi con le esigenze di vita quotidiana. La paura più grande è che il futuro livello di sviluppo tecnologico comporti la perdita di lavoro per una vasta gamma di soggetti specializzati e non.
Possiamo fare degli esempi per capire come le nuove tecnologie impattino sul mondo del lavoro.
Pensiamo all’idea di dotare i veicoli di un sensore in grado di auto-guidarli: che fine faranno i tassisti o gli autisti, se non c’è più bisogno di persone che guidino le automobili?

Come è avvenuto per le rivoluzioni precedenti, non necessariamente l’innovazione comporta la diminuzione di opportunità lavorative, anzi è più probabile il contrario. Tuttavia il vero cambiamento apportato dalla quarta rivoluzione industriale sarà pagato soprattutto dai lavori più ripetitivi e meno specializzati. Da qui la assoluta necessità di formazione continua della forza lavoro.
Aldilà dei pregiudizi: il futuro del lavoro garantito dalla quarta rivoluzione

Se da un lato il rischio è che la robotica e le intelligenze artificiali renderanno obsolete molte mansioni legate alla mano d’opera, dall’altro è altrettanto vero che si creeranno attività nuove, con la conseguente necessità di essere assistite dal sostegno dell’abilità umana.

Dall’analisi di alcuni dati elaborati da “Il Sole 24 ore” emergono fattori di notevole importanza a sostegno della tesi:

1. Nel lungo periodo il progresso tecnologico è il principale fattore che determina la crescita economica;
2. Dalla prima rivoluzione industriale ad oggi la tecnologia ha creato molti più posti di lavoro di quelli che ha distrutto;
3. La nascita di sistemi produttivi più complessi non ha smesso di richiedere attività lavorativa ma ha semplicemente modificato quelli preesistenti e si sono sviluppati nuovi modelli di produzione.

Il lavoro dell’uomo viene valorizzato grazie al progresso tecnologico: se non fosse per gli immensi passi in avanti fatti dalle scienze. Il mondo evolve e con esso la società. L’aspetto fondamentale è investire nella formazione del capitale umano, renderlo in grado di essere al passo con gli sviluppi scientifici e formarlo in modo tale da dover comunque essere indispensabile.
Le intelligenze artificiali da qualcuno dovranno pur essere pensate, elaborate, gestite.

I computer devono essere costruiti ed assemblati. I sistemi richiedono manutenzione e cura. Si tratta di attività che non possono che essere svolte dagli uomini.

Strategie per la formazione dei lavoratori e ruolo delle aziende

Il sistema formativo deve essere riorientato, non tanto verso i fabbisogni delle imprese, quanto verso la necessità di renderlo al passo con gli imprevedibili e continui mutamenti di mercato.
Innanzitutto è fondamentale essere in grado di anticipare le evoluzioni adattando il linguaggio ed il contenuto in modo parallelo al percorso di studi nonchè di poter riqualificare il personale adulto.
D’aiuto sono le normative vigenti, nel panorama europeo, dal quale provengono esigenze di armonizzazione che sollecitano l’elaborazione di norme tecniche affinchè il mercato possa sfruttare gli strumenti tecnologici adeguandoli agli standard internazionali.

Uno strumento utile è rappresentato dagli ufffici di placement negli istituti scolastici ed universitari che costituiscono strumenti di dialogo e collaborazione con le economie territoriali per fecondare e compendiare conoscenze e diverse modalità di apprendimento.

Al centro di tutto c’è il sistema della formazione che, attraverso i fondi interprofessionali, rendo possibile il costante lavoro di “manutenzione” delle competenze dei lavoratori e di recupero dei gap.

Ogni bagaglio di competenze, poi, richiede metodologie di apprendimento differenti.

Rispetto al modus operandi attuale, caratterizzato da forme di insegnamento frontali, è stato riscontrato come, nel panorama del progresso, la tecnica più valida sia rappresentata dall’esperienza pratica.
E’ comunque necessario tenere presente che è impossibile fissare una trasformazione continua e complessa in figure professionali prestabilite, la strada percorribile è invece quella di rendere le persone nelle imprese capaci di adattarsi velocemente ai cambiamenti che ci sono e ci saranno.

L’adattabilità diventa la prima virtù di un lavoratore.

Si deve rendere l’azienda versatile ed in grado di creare modelli lavorativi sempre nuovi.
Tutte le attività educative e formative devono essere periodicamente valutate e monitoratate.
Le aziende devono dirottare le loro energie nella costruzione di sistemi complessi valorizzando i tre punti chiave della quarta rivoluzione: tecnologie, organizzazione, lavoro, creando nuovi sistemi socio-tecnici talvolta completamente innovativi.
I lavoratori prestano la loro attività in un’accezione del tutto nuova come professionisti della conoscenza sia teorica che pratica.
Aziende e responsabili, congiuntamente ai lavoratori, realizzano un’attività che si muove nella direzione dell’impegno e della responsabilità dei risultati.
Devono innestarsi relazioni tra uomini e macchine. Le persone devono potenziare le macchine e le macchine devono essere il potenziamento dell’attività umana.

Conclusioni

Forse la rivoluzione 4.0 può essere la prima che crea meno posti di lavoro di quanti ne elimini. L’oblio di questa visione catastrofista può essere superato proprio reinventando il sistema di educazione e formazione e attraverso la previsione di corsi che siano in grado di rendere i lavoratori forti di una intelligenza adattativa che li rende e li renderà abili ad interagire con gli automati con cui si trovano a “collaborare”.

Affidati al supporto di SDI. Contattaci adesso per scoprire di più sull’argomento.

Contattaci Ora