di Lorenzo Palumbo*

 

La teoria economica dei giochi ci dimostra che la reputazione, costruita attraverso il codice etico, costituisce una forma di capitale al quale un’impresa non può rinunciare.

 

Immaginiamo due giocatori:

  • un giocatore A – l’impresa
  • un giocatore B – il consumatore

La situazione

  • B può decidere di acquistare o meno;
  • A può decidere di offrire prodotti di buona qualità o meno;
  • Entrambi i giocatori sono razionali e calcolatori.

Si ammetta che ogni B scelga sulla base dell’utilità attesa, data come scontata la probabilità che A sia onesto. Abbiamo così un incontro di A e B che chiamiamo “C”.

Se A è onesto fin dall’inizio e nel tempo egli sta costruendo la sua reputazione.

Dato A onesto, la congiunzione C con l’acquirente B produce un beneficio ad entrambi.

Ma se A è onesto solo apparentemente abbiamo che il beneficio sarà solo di A in quanto i prodotti venduti saranno scadenti e produrranno uno svantaggio a B (-1,3).

Se invece B trova ripetutamente che A è onesto, allora la relazione “C” si ripeterà all’infinito (2,2).

Questo schema ci dice che la reputazione è utile solo se perdura nel tempo.

Se l’impresa ha adottato un codice etico concordato con i suoi stakeholder, che esprime un contratto nei loro confronti, allora gli stakeholder svilupperanno una preferenza basata sulla reputazione e quindi trarranno soddisfazione dal fatto che l’impresa rispetti il suo codice e registreranno invece forte delusione dal fatto che l’impresa non lo rispetti.

A questo punto, se tutti gli stakeholder adottano la preferenza per via di reputazione si ha una massimizzazione delle utilità totali che derivano dalla cooperazione delle componenti, ma è vero anche l’inverso.

L’impresa che deflette dal codice produce disimpegno e disincentiva gli apporti degli stakeholder.

La reputazione è funzione di utilità economica, posto che: previene illegalità, vertenze, tonifica l’immagine aziendale creando fiducia sia all’interno che all’esterno. Se l’impresa adotta e applica con serietà il codice etico, oltre alle utilità di tipo economico, accumula fiducia nei confronti dei consumatori, della collettività, dei dipendenti, dei fornitori, della P.A.

Conclusione

Questa tesi sulla reputazione è in linea con una teoria che sostanzialmente dice che se i manager delle imprese concentrano la loro azione sulla massimizzazione dei profitti, senza considerare le legittime aspettative e i diritti degli stakeholder, le redditività dell’impresa non solo non aumenta, ma crolla. Più si cercano consapevolmente i profitti, minori probabilità ci sono di ottenerli. Più la gestione si concentra su prodotti di qualità, rapporti corretti con i fornitori, trattamento equo dei dipendenti, senso di responsabilità e competenza finanziaria, maggiori sono le probabilità che la società sia redditizia.

Questo argomento può sembrare contro-intuitivo dato che i manager sono spesso esortati a tenere d’occhio soprattutto il bilancio in attivo. In un certo senso è come se si dicesse teniamo d’occhio non il bilancio ma gli interessi di coloro che hanno relazioni con l’impresa e i profitti verranno da soli[1]. Il codice etico è il modo più semplice ed efficace per conseguire questo risultato reputazionale che tonifica e mette in evidenza l’immagine esterna e interna dell’impresa, senza considerare tutti gli altri benefici in termini di prevenzione dei reati, premialità, diminuzione dei costi per i contenziosi.

[1] Bowie N., The paradox of profits, in papers on the ethics of administration, ed, N.Dale Wright (Provo, Utah, Brigham Young University Press, 1988).

* Lorenzo Palumbo

Dottore di ricerca in Etica, docente di ruolo di Filosofia e Storia, professore a contratto diEtica degli Affari presso l’Università degli Studi di Palermo dal 2007 al 2011, Eticista. Segretario e referente per l’etica degli affari del C.S.E.A. Centro Studi per l’Etica Applicata. Consulente di soggetti economici ed enti pubblici per l’adozione di standard etico-sociali. Ha tenuto seminari per soggetti diversi sul tema dell’etica economica e partecipato a convegni in qualità di relatore. È inoltre autore di decine articoli di argomento vario e di saggi di etica applicata su vari giornali e riviste specializzate. L’ultima fatica editoriale è il libro: Il manager (er)etico, Aracne, Roma 2011.