risk02* di Giuseppe Amato

Nelle situazioni in cui una certa cultura d’impresa tenderebbe a far considerare normali quelle procedure e metodi che potrebbero portare a possibili condizioni di rischio, si rende necessario uno sforzo rilevante, da parte del datore di lavoro, in termini di comunicazione, formazione, informazione ed addestramento corretto sui rischi lavorativi, in modo tale che la presa di coscienza dell’esistenza di un rischio non rappresenti un evento episodico, non condiviso e, come tale, non generatore di cambiamenti significativi. Infatti, la presa di coscienza di una condizione di rischio deve comportare l’analisi e l’attuazione di procedure e metodi, da trascrivere sul documento di valutazione dei rischi e da adottare come buone prassi lavorative per la realtà aziendale, in tutta la sua organizzazione. La soggettività del valutatore può essere imprigionata con l’uso razionale di misure di igiene industriale e attraverso la raccolta della sintomatologia accusata dai lavoratori.
Inoltre, l’accurata consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) e la raccolta critica dei giudizi soggettivi dei lavoratori rappresenta un momento decisivo e costruttivo per l’integrazione delle conoscenze di quegli aspetti di rischio, soprattutto relativi al reparto produttivo dove si celano le maggiori insidie per i lavoratori in materia di sicurezza ed igiene sui luoghi di lavoro, che sfuggono o sono sottovalutati dal management.

            L’obbligo di realizzare il processo di valutazione, controllo e gestione dei rischi lavorativi riguarda essenzialmente il datore di lavoro, così come enunciato all’art. 17 del decreto legislativo 81/2008 e successive modifiche e integrazioni e introdotto dal decreto legislativo 3 agosto 2009, 106. Buona prassi comunque vuole che dal punto di vista tecnico, operativo e procedurale egli debba, per effettuare una adeguata e corretta analisi, avvalersi di alcune competenze professionali e gestionali, peraltro in larga misura indicate dallo stesso Testo Unico. Innanzitutto, è necessario che al processo di valutazione e gestione dei rischi partecipi l’intera “linea” aziendale, rappresentata dai dirigenti e dai preposti perché questi ultimi hanno una doppia valenza, infatti, sono sia coloro che conoscono approfonditamente i processi produttivi aziendali sia i titolari di obblighi, per cui è opportuno prevedere un loro ampio coinvolgimento. Inoltre, vi collaborano, ove presenti e previsti dalla normativa, il responsabile e gli addetti del servizio di prevenzione e protezione ed inoltre, nei casi in cui la normativa ne preveda la nomina, il medico competente. Ciascuno per il proprio ruolo e nell’ambito delle competenze specifiche, fornisce un  contributo di conoscenze utili a fornire la giusta collocazione ed il giusto peso dei rischi lavorativi e la riorganizzazione razionale e pianificata della produzione nei suoi diversi componenti (spazi, macchine, procedure, etc.).

            Lo scopo comune è raggiungere l’obiettivo di una sostanziale riduzione dei fattori di rischio presenti. Nella sua corretta valutazione, riveste un ruolo chiave il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza il quale da un lato, con la giusta formazione (prescritta dal decreto legislativo 81/2008 all’art. 37 comma 1, 10, 11 e 12 ed in base al decreto del 16/1/1997 del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale), è riconosciuto come una risorsa tecnica, e dall’altro costituisce il punto di riferimento per conoscenza, esperienza e valutazione dei lavoratori, che rivestono grande importanza nel processo di controllo dei rischi lavorativi, come espresso non tanto tacitamente ma consapevolmente, anzi, enfatizzato dal legislatore, in diversi punti del Testo unico.

            Infine, al processo di valutazione dei rischi partecipano, direttamente o indirettamente, tutti coloro che a diverso titolo progettisti, fabbricanti, fornitori, installatori, devono fornire informazioni relative a criteri, ambiti e limiti per l’utilizzazione “in sicurezza” di ambienti, impianti e strumenti di lavoro.

* Giuseppe Amato

Laureato presso l’Università di Catania è responsabile per il Servizio di Prevenzione e Protezione (R.S.P.P.) dal 2008; Organismo Paritetico Provinciale (O.P.P.) di Catania di EFEI (Ente Paritetico Bilaterale Nazionale per la Formazione) dal 2012; Presidente dell’associazione E.F.A.S. Italia – Ente Formazione Ambiente Sicurezza Italia dal 2007. Numerose esperienze di docenza in corsi di formazione in materia di sicurezza ed igiene sui luoghi di lavoro in base al D. Lgs. 81/2008 ed s.m.i. dal 2008.