risk02* di Giuseppe Amato

La valutazione dei rischi lavorativi di cui al comma q) dell’art. 2 del decreto legislativo 81/2008 si iscrive nel più ampio utilizzo, a livello internazionale, del metodo del risk assessment, che coinvolge anche diversi aspetti relativi ai costi ambientali del progresso e dell’uso delle risorse naturali ed avvolge tutto il sistema organizzativo della realtà imprenditoriale ad ampio raggio. L’orientamento comunitario, in generale, è quello di far reggere le iniziative legislative e la definizione delle priorità dell’intervento su un “processo partecipato” in merito alla “accettabilità” dei rischi e alla valutazione dei costi e dei benefici che la loro riduzione comporta per la collettività e naturalmente per i lavoratori delle varie realtà imprenditoriali. Dal “risk assessment” non si passa direttamente al “risk management”, cioè alla risoluzione o al contenimento dei problemi che si sono evidenziati, ma esso ha il vantaggio di metterli in luce e renderli oggetto di valutazione. È vietata la facoltà d’arbitrio per il datore di lavoro in merito all’applicazione o meno delle norme vigenti in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, che devono essere comunque rispettate. L’obiettivo principe della valutazione, che deve essere fatta dal datore di lavoro visto che la valutazione dei rischi è uno degli obblighi in delegabili, insieme alla nomina del Responsabile per il servizio di Prevenzione e Protezione (con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28, in base all’art. 17 del Testo Unico), è individuare cosa può provocare lesioni o danni ai lavoratori e quali misure preventive e protettive debbano essere adottate per eliminare o controllare i rischi.

L’elaborazione e l’attuazione da parte del datore di lavoro dell’art. 28 del decreto legislativo 81/2008 e seguenti modifiche e integrazioni fornisce un utile strumento che porta alla riorganizzazione razionale e pianificata della produzione nei suoi diversi componenti (spazi, macchine, procedure), allo scopo di raggiungere l’obiettivo di una sostanziale riduzione dei fattori di rischio presenti. L’art. 15 sottolinea la necessità delle realtà produttive di progettare un “lavoro sicuro” mediante l’integrazione della produzione, di tutte le funzioni aziendali e della prevenzione dei rischi derivanti da questi. Da qui nasce l’evidente e necessario concetto di programmazione della prevenzione che vi integra le condizioni tecnico organizzative e produttive dell’azienda, nonché l’influsso dell’ambiente lavorativo in cui agiscono le risorse umane.

            La valutazione del rischio deve essere, quindi, uno strumento finalizzato alla programmazione delle misure di prevenzione e protezione e, più in generale, alla organizzazione del sistema di prevenzione e protezione aziendale nella sua piena funzione. L’esame sistematico dei fattori di rischio in tutti gli aspetti dell’attività lavorativa non dovrà trascurare le situazioni di lavoro che non sono comunque di routine quali ad esempio la manutenzione, pulizia, arresto e riattivazione di impianti, cambio di lavorazioni ed altro. La valutazione dei rischi fa inevitabilmente i conti con la soggettività di chi analizza i fattori di rischio, dando maggiore o minore rilevanza a certi aspetti piuttosto che ad altri con la logica conseguenza di dare più o meno valore, nella programmazione degli interventi, a certi aspetti piuttosto che ad altri, tranne per tutti quegli aspetti della prevenzione riconducibili ad un confronto con uno standard normativo o tecnico di riferimento.

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* Giuseppe Amato

laureato presso l’Università di Catania è responsabile per il Servizio di Prevenzione e Protezione (R.S.P.P.) dal 2008; Organismo Paritetico Provinciale (O.P.P.) di Catania di EFEI (Ente Paritetico Bilaterale Nazionale per la Formazione) dal 2012; Presidente dell’associazione E.F.A.S. Italia – Ente Formazione Ambiente Sicurezza Italia dal 2007. Numerose esperienze di docenza in corsi di formazione in materia di sicurezza ed igiene sui luoghi di lavoro in base al D. Lgs. 81/2008 ed s.m.i. dal 2008.