Pro Evolution Soccer 2014

Pro Evolution Soccer 2014

di Ruggero Aricò* – «Sono politiche aggressive!». Ha fatto notizia nel mondo videoludico il commento di Konami, software house giapponese, che da più di un decennio si contende il “mercato calcistico” dei videogame con la statunitense Electronic Arts, sulle dinamiche di acquisizione delle licenze necessarie ai giochi di calcio per riproporre nomi reali di giocatori, squadre e stadi. Secondo i giapponesi gli americani si sarebbero accaparrati delle esclusive che hanno messo in difficoltà il loro team, già autore di Pro Evolution Soccer 2014.

Già alla fine degli anni ’90, del resto, la Electronic Arts fece il boom con Fifa ’98, seguito poi dal  ’99, 2000 e così via, dominando per qualche anno il mercato del genere. Tuttavia, in quegli anni cominciava a farsi strada il titolo di Konami, ISS Pro, International superstar soccer pro, poi trasformato negli anni 2000 in Pro Evolution Soccer, sebbene privo di licenze ufficiali. Nel giro di qualche anno ISS Pro divenne il preferito dai videogiocatori, giudicato superiore persino dalla stampa specializzata del videogioco corrispondente di EA games.

Tutto ciò grazie al fatto che pur avendo mantenuto la casa americana detentrice delle licenze, livelli di grafica eccellenti e animazioni tecnicamente al top dell’epoca, Konami ha contrapposto un “gameplay”, e cioè il modo in cui chi gioca interagisce e comanda, superiore che richiedeva al giocatore più abilità nella costruzione della manovra che non nel combinare tasti per produrre dribbling letali, aumentando così il senso di appagamento.

Ed il balletto di sfide tra le due aziende prosegue altalenante. EA, infatti, verso la fine degli anni 2000, si è rimboccata le maniche per proporre un gioco più appagante, sfruttando la pigrizia di una Konami che nel frattempo, facendo leva su un marchio forte e diffuso, aveva cominciato a proporre un gioco meno complesso, cancellando quindi quell’esercizio di intelligenza tattica che aveva fatto la sua fortuna. La EA ha recuperato, così, in pochi anni, la posizione di vantaggio ma, recentemente, è caduta di nuovo nella trappola del “facile + famoso = più utenti”.

E a proposito della Konami, che ha forse dimenticato cosa serve per vincere, nel mondo delle aziende ci sono tanti manager o aspiranti tali che amano citare “L’Arte della Guerra” di SunTzu come se si trattasse di una sorta di compendio che insegna “come battere l’altro”. Quella di SunTzu è, in realtà, l’arte della non-guerra: pensare al nuovo, superare la logica del conflitto, sforzarsi di capire cosa, del nuovo, può rendere i punti di forza dell’altro innocui alla radice.

Quando sentiamo parlare della necessità per le aziende italiane di acquisire competitività forse dovremmo chiederci se gli sforzi fatti vadano nella giusta direzione, se l’impegno e la determinazione non debbano essere gestiti da un pensiero altro, dal fermarsi ad ascoltare i bisogni inespressi e i talenti finora ignorati. Se non sia necessaria più umiltà.

Mentre le aziende chiedono a gran voce possibilità di investimenti e sgravi fiscali, chi si occupa della cosa pubblica dovrebbe preoccuparsi anche di creare i presupposti perché nascano nuove aziende che mettano “in crisi” (nella sua accezione migliore, quella di necessità/opportunità di rinnovamento) quelle attuali. Dovremo aspettare molto tempo e sforzarci oltre ogni misura per diffondere una cultura di sana e libera concorrenza in un Paese che non è abituato a mettersi in discussione. E quando questo avverrà ci renderemo conto che l’unica vittoria sensata è essere unici.

* Laureato in Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni, con Master in Risorse Umane, ha maturato esperienze in svariati contesti analizzando il funzionamento delle organizzazioni e i processi di decisione nei contesti lavorativi.