immagine primo articolo*di Carlo Bruschi e Giuseppa Patti

La forte crisi economica che ha connotato questi ultimi anni ha influito in profondità non solo sulle condizioni di vita delle persone e della società, ma ha letteralmente cambiato il funzionamento delle strutture produttive e delle organizzazioni tutte, fino ad arrivare ad intaccare il funzionamento delle nostre istituzioni. Anche l’organizzazione sanitaria si è trovata a fare i conti con una disponibilità di risorse sempre più limitata e a vivere, seppur con grandi difficoltà, cambiamenti incalzati dalle diverse riforme legislative che portano in modo graduale ad un sistema federalistico che impone ai soggetti responsabili una razionalizzazione delle risorse disponibili. In questo contesto stanno di conseguenza assumendo rilevanza modelli gestionali innovativi maggiormente idonei a rispondere alle richieste di contenimento della spesa da un lato ed innalzamento dei livelli qualitativi delle prestazioni dall’altro. Prima di addentrarci nella disamina di alcuni di questi modelli gestionali trovo utile ripercorrere velocemente il quadro normativo di riferimento che ha contribuito a caratterizzare l’approccio culturale della dimensione economica in Sanità.

Cenni ricostruttivi  

La legge istitutiva del S.s.n. (l. n. 833 del 1978) ha rappresentato il primo tentativo di dare un’organica strutturazione al finanziamento della sanità. Superando il sistema mutualistico assicurativo che prevedeva la copertura sanitaria ai soli iscritti e in modalità differenti a seconda delle casse o mutue a cui si era iscritti, il nuovo sistema, si ispira ad una visione universalistica e ugualitaria della tutela della salute. Viene definito il concetto di Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) costituiti dall’insieme delle attività, dei servizi e delle prestazioni che il Servizio sanitario nazionale (Ssn) eroga a tutti i cittadini gratuitamente o con il pagamento di un ticket, indipendentemente dal reddito e dal luogo di residenza. Lo stanziamento delle risorse per la spesa sanitaria era legato alle esigenze degli assistiti, prescindendo, dal rapporto tra prestazione sanitaria e contributo alla stessa. Le risorse, ovvero le entrate tese a sostentare la spesa sanitaria, erano quelle previste dal Fondo sanitario nazionale (F.s.n.), approvato ciascun anno con la manovra di bilancio. L’importo complessivo da stanziare veniva determinato sulla base di criteri demografici, (numero ed età della popolazione nazionale) da cui si ricavava il fabbisogno di spesa di ciascuna Regione. Il finanziamento della sanità, avveniva tramite trasferimenti da stato a regioni, con una forte centralizzazione a livello statale delle scelte di spesa, finalizzata a garantire uniformità ed effettività alla tutela del diritto alla salute. Tale sistema, sebbene retto da principi condivisibili, non favoriva certo il senso di responsabilità delle amministrazioni regionali e locali, visto che la “copertura” dei deficit sanitari, veniva sempre e comunque garantita mediante manovra finanziaria. L’assegnazione delle risorse alle Regioni, infatti, avveniva sulla base della cd. “spesa storica” , cioè l’attribuzione di stanziamenti che non corrispondevano a reali bisogni della comunità e alla domanda di salute, ma solo alle esigenze di bilancio delle amministrazioni; il che certo non spingeva le Regioni a corrette valutazioni sulle modalità d’impiego delle risorse per la sanità (vedi fig. 1).

fig 1

Dalla legge n. 833 del 1978 nata su principi di equità e tutela sanciti dell’art. 32 della Costituzione che recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può  essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana” negli anni derivarono una serie di distorsioni, prime fra tutte un aumento continuo della spesa senza un corrispondente aumento dei livelli qualitativi delle prestazioni e una reale copertura a livello territoriale del fabbisogno sanitario, che via via raggiunsero livelli insostenibili, in particolare negli anni “novanta” e richiesero una necessaria e urgente razionalizzazione.

Il processo di cambiamento da cui si è arrivati all’odierno Sistema Sanitario Nazionale (SSN) ha origine nel 1992 con la legge n. 421 “Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale.” e con il successivo Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.

Di seguito i quattro principi cardine:

  • Vengono abolite le Unità Locali Sanitarie e sostituite dalle Aziende Sanitarie, ciascuna dotata di propria autonomia e di un proprio management.
  • Viene introdotto un sistema di finanziamento che esclude il criterio della spesa storica e introduce un sistema basato sulla capacità fiscale regionale, anche se corretto da adeguate misure perequative.
  • Viene avviato un sistema di competizione controllato che coinvolge i privati accreditati per quanto concerne l’erogazione dei servizi e la copertura del fabbisogno sanitario nazionale introducendo quindi un regime di concorrenzialità denominato “quasi mercato”.
  • Si introduce un nuovo sistema di finanziamento a costi standard basato sulle attività svolte, valido per le Aziende Ospedaliere (DRG + quota capitaria), e le strutture private (solo DRG) accreditate.

Chiaro quindi risulta l’intento di introdurre un percorso di cambiamento basato su una responsabilizzazione verso la dimensione economica e qualitativa delle prestazioni iniziando un processo di “aziendalizzazione” dell’intero sistema, introducendo per legge tutti gli strumenti contabili idonei per una corretta gestione delle aziende sanitarie. Si rende infatti obbligatoria la redazione del bilancio pluriennale di previsione, del bilancio preventivo economico annuale, la definizione della struttura organizzativa e degli schemi contabili. Il cambiamento più importante, proprio nell’ottica di conferire maggiore responsabilità, agli attori si concretizza su due punti in particolare:

  • da un lato la regionalizzazione del sistema sanitario nazionale attribuendo alle Regioni stesse importanti funzioni quali l’indirizzo, il coordinamento e il monitoraggio delle attività delle aziende sanitarie. La possibilità di avvalersi anche di fornitori privati accreditati introducendo quindi il regime di concorrenzialità denominato “quasi mercato”.
  • Dall’altro con l’introduzione dal 1 gennaio 1995 dei DRG passando quindi da una diaria di degenza ad un sistema che permette di classificare tutti i pazienti in gruppi omogenei per assorbimento di risorse (iso-risorse) iniziando il processo di “standardizzazione” della spesa, passaggio necessario per iniziare una sorta di “misurazione della prestazione sanitaria” a tutela dell’assistito ed a sostenere un’equa distribuzione delle risorse in un regime di “quasi mercato” come sopra citato.

Questi principi hanno avuto una “graduale” applicazione andando a regime solo nel 2013, infatti nel 2002-2004 sono stati previsti ulteriori ripianificazioni da parte del FSN, uscito dalla porta e rientrato dalla finestra, del disavanzo delle regioni, seppur accompagnati da vincoli economico organizzativi, introducendo poi nelle finanziarie successive i c.d “Piani di Rientro” dando avvio ad un modello di “finanziamento negoziato” con obiettivi di premialità per le regioni più virtuose.

Dal 2013 vengono soppressi i trasferimenti alle regioni e le nuove fonti di entrata sono (fonte www.ssn.gov.it):

  • Entrate proprie delle aziende del Servizio sanitario nazionale (ticket e ricavi derivanti dall’attività intramoenia dei propri dipendenti), in un importo definito e cristallizzato in seguito ad un’intesa fra lo Stato e le Regioni.
  • Fiscalità generale delle Regioni: imposta regionale sulle attività produttive – IRAP (nella componente di gettito destinata al finanziamento della sanità), e addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche – IRPEF. Entrambe le imposte sono quantificate nella misura dei gettiti determinati dall’applicazione delle aliquote base nazionali, quindi non tenendo conto dei maggiori gettiti derivanti dalle manovre fiscali regionali eventualmente attivati dalle singole Regioni.
  • Compartecipazione delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano: tali enti compartecipano al finanziamento sanitario fino a concorrenza del fabbisogno non soddisfatto dalle fonti descritte nei punti precedenti, tranne la Regione siciliana, per la quale l’aliquota di compartecipazione è fissata dal 2009 nella misura del 49,11% del suo fabbisogno sanitario (legge 296/2006 art. 1, comma 830).
  • Bilancio dello Stato: esso finanzia il fabbisogno sanitario non coperto dalle altre fonti di finanziamento essenzialmente attraverso la compartecipazione all’imposta sul valore aggiunto – IVA (destinata alle Regioni a statuto ordinario), le accise sui carburanti  e attraverso il Fondo sanitario nazionale (una quota è destinata alla Regione siciliana, mentre il resto complessivamente finanzia anche altre spese sanitarie vincolate a determinati obiettivi).

Come ho cercato di evidenziare tracciando, seppur in modo estremamente sintetico e di conseguenza probabilmente anche approssimativo in qualche passaggio, l’evoluzione normativa avutasi nel sistema sanitario nazionale, risulta evidente quanto siano recenti le riforme legislative e che “bagaglio” culturale governa ancora questo comparto. Chiara e palese è pertanto la difficoltà del passaggio culturale dal “più spendo più mi prendo cura del paziente” a principi di efficienza e produttività, il tutto sempre nel rispetto del dettato dell’art. 32 della nostra costituzione. Gli intenti del legislatore di avvicinare (efficientare) i meccanismi di funzionamento della Sanità stanno producendo risultati significativi ma ancora non sufficienti in quanto come evidenziato si tratta di cambiare un paradigma culturale, la volontà legislativa chiara ed evidente rimane a livello centrale e fatica a cambiare un modo di lavorare radicato. Ecco perché si sta guardando sempre con maggior interesse ed attenzione verso modelli di funzionamento diversi, totalmente ripensati e che prendono spunto dal mondo aziendale vero e proprio cercando di mutuare, con i dovuti accorgimenti, alcuni principi che rendono più fluido e snello la fruizione delle prestazioni sanitarie e di conseguenza più economiche. Di seguito faremo un approfondimento della metodologia Lean e del PDTA, modelli che partono dalla centralità del paziente.

 … Continua al prossimo articolo.

 

foto carlo*Carlo Bruschi

Dopo una breve esperienza in una società di consulenza in selezione del personale entra nel mondo aziendale sviluppando oltre quindici anni di esperienza, di cui la metà come Dirigente all’interno della Direzione Risorse Umane e Organizzazione in primarie società quali Fiat e Finmeccanica, in ruoli di sempre maggiore responsabilità fino a ricoprire posizioni apicali. In Fiat partecipa alla progettazione del primo modello delle competenze sviluppato in Italia basato sulle Famiglie Professionali e ne segue poi l’applicazione concreta. Si occupa della reingegnerizzazione dei processi fondamentali come diffusore interno della Metodologia Lean ispirata al Kaizen ed al Total Quality e 6 Sigma. Passato in Finmeccanica Oto Melara è regista di un progetto di Change Management articolato e complesso che investe tutti i versanti aziendali, comprendente azioni c.d. ‘’hard’’, quali mobilità e successivo ingresso di 150 giovani in due anni, ridisegno organizzativo per favorire il lavoro per processi, e azioni c.d. ‘’soft’’ per elevare la managerialità dei vari livelli aziendali caratterizzati da elevato know how tecnico. Collaborando con la società Hay opera un ripensamento completo della politica retributiva nel suo complesso toccando tutti i livelli aziendali.Sempre in Finmeccanica passa poi in Selenia Communications, (oggi Selex ) come Compensation & Organisation Manager WW, dove partecipa ad un ridisegno completo dell’organizzazione aziendale (c.d. Future State Vision), andando a ridefinire i perimetri di Business delle nuove Direzioni e dei ruoli sottostanti, oltre a curare un’armonizzazione dei diversi trattamenti retributivi presenti in Azienda. Sia nella prima esperienza (FIAT) che nella successiva (Selex) ha avuto modo di lavorare all’estero per seguire attività quali implementazione del piano di Management Review in Francia e Polonia, ed implementazione delle policy retributive in UK, Turchia e Germania. Arriva in Sicilia nel 2006 come Direttore del Personale per tutta la Sicilia del gruppo Almaviva, oltre 5000 dipendenti distribuiti in tre siti produttivi. Da tre anni opera come consulente di Direzione con Focus particolare sulle tematiche di organizzazione, controllo dei costi legato alle attività e progetti di efficientamento delle strutture e dei processi.

foto giuseppina patti*Giuseppina Patti

Siciliana, medico specialista in psicoterapia e nutrizione clinica. Con la madre e il fratello gestisce la casa di cura accreditata con il SSR fondata dal padre nel 1951. Appassionata di tematiche organizzative e in particolare di Lean applicato in sanità, è alla continua ricerca di uno stile gestionale che sappia conciliare il rispetto per la sacralità del paziente con la gestione delle risorse economiche e la valorizzazione di tutto il personale coinvolto nell’attività sanitaria. La casa di cura da lei gestita è tra le prime strutture ad adottare una metodologia di controllo dei costi improntata ai processi di ricovero del paziente ed alla loro semplificazione e non al taglio dei costi.