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* di Massimo Giambarresi

 

L’ambiente è uno degli argomenti più combattuti e controversi da quando esistono le imprese, poiché risente delle dispute esistenti tra posizioni che non sempre hanno a che fare con un concetto razionale legato a fatti concreti, piuttosto con prese di posizione di natura economica, politica e “di bandiera”. Infatti, per molti settori sociali, economici e non solo, fare impresa ed inquinare sono due azioni direttamente conseguenti e non evitabili.

Con questa premessa lo scenario che si staglia innanzi ad una politica sulla tutela dell’ambiente appare, ancora nel 2013, lo stesso che poteva avere una giustificazione nel periodo della rivoluzione industriale, iniziato nel lontano 1760, e imperniato sulla lotta tra l’occupazione e salvaguardia dell’ecosistema, emblematico è il recente caso dell’Ilva, in Italia. 253 anni dopo il boom produttivo, alcune argomentazioni hanno l’aria di essere pretestuose, e più legate alla tasca che all’etica, ad esempio per i costi delle energie alternative, degli smaltimenti. Invece, oggi, con le nuove tecnologie, fare impresa e rispettare l’ambiente non solo è possibile ma è anche un’occasione di business. Eppure predomina, ancora, il convincimento che ogni sforamento dei valori ambientali possa essere compensato da fattori economici, ridotti al pagamento di multe o tasse aggiuntive, come se tutto ciò avesse la possibilità di ridurre gli inquinamenti e le loro nefaste conseguenze o rendere meno irreversibile l’esaurimento di alcune fonti naturali.

È la evidente mutazione dell’ecosistema terrestre, con il suo potenziale attentato alla vita stessa del nostro pianeta, ad accrescere la sensibilità sul tema. Durante la prima conferenza annuale della Società italiana per le Scienze del clima, Sisc, lo scorso settembre, è stato sostenuto che, nei prossimi 40 anni, la nostra nazione potrebbe già soffrire degli effetti del cambiamento climatico, con un allungamento della stagione dei roghi e delle ondate di calore e all’opposto con l’avvicendamento di “bombe d’acqua”, cioè delle precipitazioni di breve durata, ma enormemente più intense per quantità di pioggia. Fattori che contribuiscono al dissesto idrogeologico.

Davanti ad uno scenario di questo tipo, la parte sana del sistema produttivo ha studiato, o contribuito a divulgare ed implementare, una serie di schemi, norme e regolamenti che, pur considerando sempre l’aspetto economico, concetto vitale per la sopravvivenza di un’azienda, con la loro applicazione permettono una reale e significativa incidenza sulla riduzione degli impatti ambientali, derivanti da attività di produzione.

Tra le norme di settore, che possono essere certificate da un ente terzo, quella che attualmente gode di maggiore divulgazione ed applicazione è la Iso 14001 e la sua corrispettiva europea, il regolamento Emas, una norma ambientale che interessa i processi aziendali, e ve ne sono altre che invece afferiscono ai prodotti, la Fsc, Epd–Dap e Ecolabel, tra le altre.

* Massimo Giambarresi ingegnere, è il responsabile tecnico, nonché fondatore, della società di consulenza G.E.N.I. S.r.l.