collabsviluppolocaleTutti i soldi spesi in progetti di sviluppo hanno portato risultati? La risposta è conosciuta da tutti: NO!

Le motivazioni sono tante, ma è il momento di fare proposte che contribuiscano a superarle. La complessità delle procedure, la limitatezza dei fondi, la “superficialità” dei responsabili, la limitata capacità progettuale dei territori e tante altre motivazioni possono essere prese in considerazione per spiegare questo flop. Le iniziative di sviluppo locale sono state contraddistinte da decine di sigle, PIT, GAL, PIST, Distretti Tecnologici e varie, a volte incomprensibili. Ognuna di loro ha una motivazione del fallimento che la caratterizza. Naturalmente non tutte le iniziative sono un completo fallimento ma, certamente, nessuna ha traguardato i risultati attesi con un accettabile rapporto tra investimento e crescita economica.

Dal nostro punto di vista le motivazioni comuni a tutti gli insuccessi sono due:

  1. approccio al finanziamento pubblico;
  2. scarsa attenzione alle competenze delle persone.

Il primo punto deriva dalla evidenza che le iniziative sono sempre nate in relazione ad una opportunità di finanziamento pubblico e all’ottenimento di esso sono state sostanzialmente finalizzate. E’ ovvio che l’investimento pubblico può essere utile ad innescare processi di sviluppo locale, ma la realtà è che finisce per deformare la mentalità di operatori economici e politici dei territori che si preoccupano più di distribuire queste risorse che di crearle dal basso attraverso la valorizzazione delle realtà economiche esistenti e di quelle che spontaneamente, grazie alle idee ed allo volontà soprattutto dei giovani, si potrebbero creare.

Il secondo fattore critico di insuccesso è la mancanza delle competenze di chi nei territori dovrebbe essere attore di sviluppo.

Si possono fare ottimi progetti di internazionalizzazione dei borghi rurali, ma se poi gli operatori delle imprese non parlano inglese a che serve? Se si producono solo 1000 litri all’anno di un fantastico olio, come si pensa di entrare nella grande distribuzione? Se si vuole esportare un prodotto, ad esempio, in Inghilterra come farlo se non si sa cosa sia la BRC? Se si vuole fare un consorzio locale o una rete d’imprese, come si spera di avere successo se non si fa un lavoro sulla capacità di lavorare in gruppo? Se si danno responsabilità a persone che non riescono ad aggregare intorno a sé, come potranno mai riuscirci senza un percorso di leadershipCome sviluppare le imprese di un territorio senza le necessarie competenze informatiche e di web marketing?

Questi sono alcuni degli esempi che dovrebbero portare tutti gli operatori dello sviluppo locale a pensare che la prima e più importante infrastruttura da creare è quella della conoscenza.

SDI in questa direzione propone il piano formativo Crescita 2.0 che potrà permettere ai dipendenti delle imprese partecipanti di valorizzare gli investimenti per lo sviluppo realizzati in questi anni.

Le tre grandi direzioni per la Crescita 2.0:

a) internazionalizzazione e sviluppo dei nuovi mercati;

b) innovazione tecnologica ed ICT;

c) reingegnerizzazione dei processi organizzativi.

Chiedici come aiutarti.

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