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I sei passi del percorso snello per le PMI

Nel precedente articolo abbiamo parlato di Percorso snello per l’export realizzato da SDI, e del primo passo da fare ovvero l’Individuazione del valore attraverso 1) Identificazione della value proposition e 2) rappresentazione della Value stream mapping.

Gli altri punti da analizzare:

  1. Il target di mercato
  2. Validazione della lista target
  3. Marketing dell’interesse
  4. Offerte commerciali
  5. Vendite

2.Il target di mercato

Un approccio completo e strutturato, prevedrebbe quattro fasi:

  1. Macro 1 – Indicatori socio-economici
  2. Macro 2 – Barriere doganali
  3. Micro 1 – Domanda di mercato
  4. Micro 2 – Segmento di domanda target.

In questo caso, per cominciare, si propone un approccio, meno completo e strutturato, ma più semplice. Nel momento in cui l’organizzazione riuscirà a cominciare ad entrare nella nuova mentalità export, sarà poi necessario un approfondimento, tramite i quattro punti precedenti per limitare i rischi derivanti dall’eccessivo peso dell’intuito e delle valutazioni soggettive.

Per capire dove provare a vendere, è bene cominciare da una semplice domanda: a chi interessa il mio prodotto/servizio?

Ci sono Quattro strade che l’azienda può seguire per investigare dove fare il primo tentativo di vendita all’estero:

  • richieste pervenute;
  • esportazione inconsapevole;
  • fiere;
  • istituzioni di supporto all’export

Richieste pervenute

L’azienda potrebbe avere ricevuto richieste dall’estero, ma avrebbe deciso di non evaderle in quanto non pronta all’export. L’analisi di queste richieste di informazioni da alcune prime informazioni su quali prodotti possono interessare ed in quali mercati esteri.

Esportazione inconsapevole

Con questa strana locuzione si intende proporre all’azienda di attingere ad alcune fonti di informazioni, probabilmente trascurate. A volte i prodotti aziendali possono andare all’estero, all’insaputa dell’azienda stessa, grazie a broker internazionali. È importante riuscire a comprendere se questo è avvenuto in passato, acquisendo informazioni sui mercati di arrivo ed un profilo dei clienti. Un altro caso di esportazione inconsapevole è quello realizzato dai diretti concorrenti. Se un diretto concorrente, che offre quindi un prodotto ad un target di mercato sovrapponibile a quello dell’azienda, vende in un determinato mercato, allora, in quel mercato c’è certamente una potenzialità da sfruttare. È infatti più facile riuscire a vendere in mercati già abituati a comprare determinati prodotti, seppur dovendosi confrontare con i concorrenti, che in mercati che non sono usi ad utilizzare i prodotti offerti.

Fiere

Le fiere sono, da sempre, uno dei principali strumenti per la vendita all’estero. E questo è confermato dalla nostra esperienza. In questa sede ci si vuole però concentrare sulla partecipazione alle fiere internazionali, quali visitatori e non come espositori. La partecipazione quale espositori è consigliata solo in un secondo tempo, quando l’organizzazione interna sarà pronta ad iniziare ad esportare. In questo caso ci si riferisce alla visita a fiere per osservare la concorrenza. Dalla quantità e qualità dell’offerta di prodotti concorrenti, ci si fa un’idea del potenziale di vendita in un determinato mercato.

Istituzioni di supporto all’export 

Se non si hanno elementi da cui partire, è indispensabile rivolgersi a chi, istituzionalmente, ha il compito di supportare le imprese che vogliono esportare. Prima tra tutti ICE Italian Trade Agency che, con i suoi uffici all’estero ed i suoi progetti in Italia (export sud ed altri) è in grado di fornire delle prime indicazioni su cui costruire un ragionamento concreto finalizzato all’esportazione. Altre istituzioni possono essere il sistema della camere di commercio, le associazioni imprenditoriali ed l’Enterprise Europe network dell’Unione Europea. Questi uffici hanno risorse che possono essere molto utili. A partire dai dati per una ricerca di mercato e quindi sui volumi di scambio di un determinato settore. Allo stesso tempo possono informare su strumenti di sostegno finanziario alle aziende che vogliono esportare. Altri elementi di informazioni che queste organizzazioni possono dare, riguardano la situazione fiscale e doganale sui paesi target ipotizzati. L’identificazione del codice doganale corretto per il prodotto offerto è elemento indispensabile per avviare qualsiasi percorso di export.

3.Validazione della lista target

Dopo la scelta del mercato target è fondamentale identificare l’approccio al mercato più adatto per gli obiettivi di sviluppo aziendale. La prima scelta da fare è tra approccio diretto o indiretto. Affrontando direttamente il mercato obiettivo si elimineranno intermediari o importatori, con un aumento della marginalità delle vendite. D’altra parte si tratta di un approccio più complesso che richiede una conoscenza approfondita di norme ed usi del paese obiettivo, oltre che maggiori investimenti per attività commerciali e di marketing. Con l’approccio diretto, quindi, c’è un incremento dei margini e, soprattutto, un maggiore controllo sulla relazione con i clienti, consentendo reazioni più rapide alle esigenze espresse dai potenziali clienti con effetti positivi sui volumi di vendita. La parte negativa è la lunghezza del ciclo di vendita a causa del numero di tentativi ed interazioni necessarie a perfezionare la vendita ad ogni cliente finale. D’altra parte l’approccio indiretto sposta sul distributore l’onere di interfacciarsi con i clienti, dei quali conosce usi ed abitudini, ma con i rischi di un incremento del prezzo finale, con conseguente perdita di competitività. Un altro rischio dell’approccio indiretto è il potenziale conflitto di interesse di un distributore che, operando anche con i concorrenti dell’azienda, ha il potere di scegliere, quale delle proprie aziende in portafoglio proporre.

Fatta la scelta si passi subito alla costruzione di un database di almeno 100 clienti finali o 10 distributori/importatori. Per fare questo è importante prendere l’abitudine di archiviare tutte le informazioni ed i riferimenti acquisiti durante le attività preparatorie svolte (fiere, meeting, ricerche di mercato) Ovviamente internet è una straordinaria fonte di riferimenti. Su questo, l’uso dei social (facebook e linkedin) è da considerarsi di particolare efficacia. Ogni nominativo va studiato a fondo prima di contattarlo per cercare di valutare preliminarmente area geografica di riferimento, modalità di acquisto ed utilizzo del prodotto. Il primo database costruito non sarà certamente con un livello di copertura e di accuratezza delle informazioni sufficiente ad avviare l’attività commerciale. Bisognerà certamente integrare e qualificare le informazioni necessarie. Oltre ad internet, c’è un solo sistema efficace: il telefono. Il consiglio è di non provare a vendere niente; siano solo telefonate informative che hanno l’obiettivo di individuare il corretto contatto di chi ha la responsabilità dell’acquisto dei prodotti offerti. È importante avere almeno le seguenti informazioni:

  • nome;
  • ruolo (ai fini del livello di autonomia nella decisione);
  • telefono/email.

Uno script neutro assomiglia al seguente: “Chiamo per conto di una azienda italiana che intende inviare informazioni sui propri prodotti al Vostro buyer. Chi è la persona giusta da contattare? Può gentilmente darmi i suoi riferimenti?”

4.Marketing dell’interesse

Completata la validazione della lista è necessario passare al contatto con il cliente. Da questo momento si parlerà genericamente di cliente, trattandosi di modalità valide sia per il cliente diretto che per il broker/importatore.

Il primo passo è sempre una email di presentazione che ha l’obiettivo, non di vendere, ma di sollecitare l’interesse del potenziale cliente. Non soffermarsi su dettagli tecnici quanto sul valore per il cliente e non temere di richiedere esplicitamente un riscontro sia positivo che negativo.

Successivamente, lasciando trascorrere circa una settimana, dovrebbe arrivare la risposta. Se ciò non avvenisse, si può rispedire la email facendola accompagnare da una telefonata.

Tutto questo è possibile se vengono realizzati bene alcuni marketing tool che sono indispensabili per una trattativa export, ma anche per qualsiasi trattativa. Negli anni di lavoro sul campo abbiamo sintetizzato, alcuni aspetti fondamentali che, pur non esaustivi, permettono di evitare gli errori più frequenti e grossolani. Il media kit consigliato deve prevedere:

  • Biglietti da visita – Disegnati con cura e professionalità, con evidenza del brand aziendale e tutti i riferimenti di contatto, compresi Skype e social media. È fondamentale che siano facili da leggere. L’interlocutore, straniero e che non parla l’italiano, in pochi secondi, deve comprendere il nome ed il ruolo della persona con cui sta parlando. Quindi il biglietto da visita deve essere abbastanza sgombro di contenuti ed essere nella lingua dell’interlocutore o, quanto meno, in inglese. L’esperienza insegna che l’investimento in un biglietto da visita tradotto nella lingua dell’interlocutore e, non solo in inglese, aumenta considerevolmente la velocità con cui si instaura il clima di fiducia e simpatia, necessario per chiudere l’affare.
  • Brochure – È una delle prime cose a cui si pensa ed, a volte, richiede molto tempo ed importanti investimenti. Proprio per questo, nell’approccio snello, si propende per una presentazione in power point di 4-6 slide. Naturalmente la presentazione deve essere con linea grafica coerente con l’immagine aziendale ed attrattiva, con il minimo di informazioni per comprendere l’unicità della proposta (unique value proposition). La presentazione può rimandare ad approfondimenti su specifici punti che, se pubblicati sul sito aziendale, potranno essere direttamente linkati.
  • Testimonianze dei clienti – Si tratta di un elemento fondamentale che, ovviamente, è difficile da avere per chi esporta per la prima volta. Ma si tratta di un elemento fondamentale del media kit per l’export. Il cliente straniero si fida di altri clienti stranieri, magari di differenti parti del mondo, che raccontano la loro positiva esperienza di acquisto. Inserire delle referenze sulla brochure o sul sito, diventa un importante valore aggiunto.
  • Contenuti professionali e storia – Come già detto, un elemento fondamentale per conquistare un potenziale cliente è la fiducia. Un contributo importante alla creazione di un clima di fiducia è la dimostrazione di competenze ed esperienze. Questo può essere ottenuto attraverso articoli che trattano il tema relativo al prodotto offerto e attraverso la narrazione della storia aziendale, dei luoghi e delle esperienze del team.
  • Video – In linea con il punto precedente, la realizzazione di brevi video, anche con il telefonino, che mostrano l’azienda e raccontano competenze ed esperienze aziendali è uno strumento efficace per accelerare la conoscenza. Ovviamente, se le voci sono in italiano, sono indispensabili i sottotitoli.
  • Sito e social media – Rappresentano la sintesi della comunicazione export e il canale più efficace per il primo marketing internazionale. Il sito deve essere comprensibile ma informativo, professionale nella grafica e tecnologia, facile, aggiornato, che favorisca i feedback dai visitatori. Allo stesso tempo tutti i contenuti ed il racconto delle quotidiane attività aziendali sui social media, aumenta a dismisura il posizionamento dell’azienda. Se dopo 3-4 settimane nessuno dei contatti ha dato feedback sul proprio interesse (sia positivo che negativo), bisognerà velocemente fermarsi per ripensare l’intera strategia, a partire dalla scelta del target.

Preferendo concentrarsi sul successivo passo che con questo approccio lean, generalmente Soluzioni d’Impresa applica, si prenda in considerazione l’ipotesi di avere ricevuto riscontri al primo contatto.

5.Offerte commerciali

Quello che si leggerà in questo paragrafo potrà sembrare strano a chi è, anche giustamente, legato ad un approccio tradizionalmente strutturato all’export. Solo a questo punto, del modello lean, si definiscono con precisione i prezzi. Prima di avviare la negoziazione commerciale sul campo è necessario completare una concreta analisi dei prezzi possibili. Si tratta infatti di una decisione strategica che deve trovare il punto di equilibrio tra margini attesi e volumi di vendita. Una notazione importante riguarda il concetto di prezzo. Nell’export, il prezzo da considerare non è quello di uscita dall’azienda, ma quello di arrivo al cliente. Appare evidente come trasporti e dogane possano aumentare considerevolmente il prezzo al cliente. Il punto di partenza è il prezzo di vendita di prodotti simili a quelli offerti dall’azienda nel mercato scelto, che va confrontato con la propria struttura di prezzi e costi.

A tal proposito alcune delle domande fondamentali che ogni azienda deve porsi sono:

  • Quale è il prezzo a cui si può fare uscire il prodotto dall’azienda (tecnicamente detto ex works)? Si tratta quindi di valutare il range di prezzi derivante dalle normali pratiche commerciali già realizzate nel tempo.
  • Quale è la dimensione media e la forma degli ordini? Ha una grande influenza sulle spese di trasporto. Un pallet? Un container da 40 piedi?
  • Quali sono i costi di spedizione ipotizzabili? Si consiglia di acquisire alcuni preventivi da spedizionieri che comprendano le assicurazioni.
  • Costi doganali? Basta chiamare un importatore, proponendo il prodotto, piuttosto che chiedere allo stesso spedizioniere, che deve essere esperto del mercato target.
  • Permessi necessari? Lo stesso importatore vi indicherà i requisiti di legge che il prodotto dovrà avere per poter essere esportato in quello specifico mercato target.
  • Ci sono tasse sulle transazioni? Alcuni prodotti potrebbero avere tasse specifiche che incidono sul prezzo al consumatore finale.

Queste stime, in aggiunta al prezzo ex works, permette di avere una prima valutazione sul prezzo con cui competere sul mercato.

È bene ribadire il concetto iniziale. Si inserisce ora questa attività e non prima del paragrafo 2 dove la tradizione lo vorrebbe collocare, perché si tratta di una attività particolarmente complessa e dispendiosa. Si consiglia quindi di realizzarla solo verso mercati target che hanno dimostrato interesse e concrete possibilità di vendita.

6.Vendite

Bene siamo arrivati all’ultimo passo: la vendita. Il buyer ha richiesto campioni, prezzi e altre informazioni. A questo punto è fondamentale, se non è già stato fatto prima, visitare il paese ed incontrare il buyer. Niente è più potente di un incontro di persona che possa costruire il sentimento fisico di fiducia, che è indispensabile per qualunque business. A questo si aggiunge il fatto che molte trattative non possono, tecnicamente, essere condotte solo per email o telefono. Siamo quindi al più importante passo nel processo commerciale export e spesso i venditori si fermano proprio in vista del traguardo: il contratto. Negli ambienti internazionali il successo della trattativa è molto influenzato da aspetti legati alla cultura e dalle abitudini degli interlocutori. Senza volersi dilungare in un trattato sulla multiculturalità (che consigliamo a tutti di leggere) è importante sottolineare come bisogna attenzionare il modo con cui si conduce una trattativa. Ci sono alcuni punti comuni a tutte le trattative commerciali, ma altri aspetti vanno considerati caso per caso, nazione per nazione, regione per regione. Il tempo della trattativa, la gestualità, i riti vanno studiati prima dell’incontro. È sempre molto utile un contatto con gli uffici ICE dei territori target che potranno dare consigli e indicazioni su come comportarsi. Di sicuro bisogna sempre dimostrare rispetto per il proprio interlocutore.

In generale è importante ascoltare i “segnali deboli” che il buyer ci manda; la richiesta di dettagli sulle spedizioni o particolari chiarimenti indicano un interesse volto all’acquisto. Nessuno perde tempo per acquisire informazioni che non gli servono. Altro aspetto fondamentale è la chiarezza. Si consiglia sempre di sintetizzare, a scanso di equivoci, quanto passo dopo passo convenuto. Infine bisogna avere tantissima pazienza, in certe nazioni (p. es. Giappone, Cina o Paesi Arabi) potranno essere necessari svariati incontri e visite per ottenere il primo contratto, ma, soddisfatto positivamente il primo ordine, tutto diventerà più semplice e veloce.

Conclusione

Tante aziende vorrebbero esportare, poche ci riescono. Questo avviene perché esportare è una scelta che impone nuove metodologie organizzative e di marketing. Gli aspetti da considerare sono tanti e ognuno necessita di investimenti e di cambiamenti. Con questa sintetica illustrazione di un approccio snello all’export aziendale si è voluto far comprendere a tutte le aziende che: è difficile, ma si può fare. Naturalmente gli elementi della check list ideale per cogliere i punti di forza e di debolezza dell’offerta aziendale sono numerosi, ma, per cominciare con il piede giusto, è necessario cambiare mentalità. È infatti necessario abbandonare una certa mentalità “domestica”, un po’ protettiva, che ha permesso tanti successi in passato. Questi successi, però, sono stati troppo spesso legati a rendite di posizione dell’azienda che ad una reale competitività del prodotto o servizio. Bisogna invece comprendere che, sui mercati internazionali, il cliente è libero. Libero di scegliere tra una offerta sterminata di concorrenti e libero da influenze territoriali/relazionali. Sui mercati internazionali sono i parametri oggettivi dell’offerta aziendale quelli che rendono competitiva una azienda, gli aspetti soft, seppur importantissimi, vengono dopo.

Quindi esportare vuol dire conquistare clienti liberi, in un libero mercato di concorrenza globale; non è una minaccia, è una grandissima opportunità per le PMI italiane.