Lavoro manageriale: come affrontare le pressioni
Osservando dall’esterno il lavoro di quasi tutti noi manager, vediamo un ritmo frenetico, interruzioni continue, più reazioni che iniziative. L’immagine diffusa di un manager è di una persona che pianifica, riflette, coordina, crea sistema.
La realtà è ben diversa:
- i manager lavorano ad un ritmo frenetico;
- le loro attività sono quasi sempre brevi, una diversa dall’altra e frammentate;
- tutto è orientato all’azione.
Quando incontro in azienda manager o imprenditori, descrivo spesso questi concetti ed, in genere, ricevo risposte molto simili alla seguente: “Mi sento meglio ora! Pensavo che tutti gli altri manager fossero impegnati a pianificare, organizzare, coordinare il lavoro di altri e controllarlo, mentre io venivo continuamente interrotto, saltavo da un problema all’altro e cercavo di tenere sotto controllo situazioni caotiche”.
Ma: mal comune non è mezzo gaudio!
Nella nostra società, la maggior parte dei lavori, richiede specializzazione e concentrazione.
Non è così per il lavoro manageriale. Risulta evidente operando nelle organizzazioni delle aziende come il lavoro sia la somma di continue interruzioni. Una telefonata, una e-mail urgente, un problema con un cliente etc.
La cosa più grave è che le attività più importanti si mescolano con quelle più banali senza un ordine riconoscibile.
I manager fanno poco contro le interruzioni poichè non vogliono interrompere il flusso di informazioni verso di loro, anche a causa di un sempre troppo limitato ricorso alla delega e all’empowerment.
Questo spostarsi tra diversi argomenti porta a perdere la capacità di approfondire i temi ed a diventare superficiali. Per dare risultati allora un manager deve esercitare la propria superficialità con competenza.
Qualcuno dice che un esperto è una persona che ha una conoscenza sempre più approfondita su sempre meno argomenti, fino al punto di sapere proprio tutto, ma sul nulla!
Il problema del manager e del lavoro manageriale è antitetico: sapere sempre di meno ma sempre su più cose, fino al punto di sapere niente su ogni cosa…Il punto centrale delle pressioni manageriali è il loro continuo e forzato orientamento all’azione. Come insegna la fisica, ogni azione è una reazione ad una altra azione. Siamo arrivati al cuore del problema: quasi sempre le azioni (decisioni o attività) di un manager derivano da esigenze che il sistema esterno ha manifestato ovvero le interruzioni.
Le gravi conseguenze di tutto ciò sono:
- bassa qualità della vita, personale e lavorativa, del manager, che vive in una costante situazione di stress;
- miopia diffusa. Cioè un orientamento al breve periodo delle attività manageriali.
Sulla qualità della vita del manager, per il momento, non mi occupo. Ma della miopia diffusa, si.
Questa visione tutta focalizzata sull’azione e sui risultati a breve termine, porta ad una gravissima assenza di strategia per la crescita delle aziende.
Succede allora che ci si accorge di crisi, sprechi, clienti non soddisfatti, mercati in contrazione, solo dopo che si sbatte la faccia su questi problemi.
Ma il compito di un manager non è quello di fare il paraurti in caso di incidente, ma di attrezzare il mezzo e scegliere un percorso per evitarli!
Questo può essere ottenuto solo se il manager trova la forza di dedicare, in maniera sistematica, aperta e consistente, una parte del proprio tempo a pensare al futuro ed a mettere in campo iniziative i cui frutti si potranno vedere, dopo mesi o anche anni.
Questo è il segreto dello sviluppo di lungo periodo per le aziende, questo è il segreto per smettere di reagire e cominciare ad agire.
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