*di Marco Romano

approccio lean

Il processo di business planning secondo l’approccio “minimalista Lean” prevede in modo iterativo la formulazione di ipotesi di partenza, la sperimentazione sul campo della risposta del cliente e lo sviluppo di prodotti al livello minimo accettabile. È una metodologia di business planning, agile e rapida, che si fonda sulla rielaborazione delle ipotesi iniziali, riprogettazione del ciclo produttivo, valutazione continua dell’offerta allineata ai feedback dei clienti. Il processo di business planning è il “catalizzatore” che trasforma la visione imprenditoriale e le opportunità di mercato, in una serie di ipotesi iniziali della business idea da sperimentare “al livello minimo accettabile”.

Al fine di indirizzare l’intuito imprenditoriale, le ipotesi di partenza, ancora da verificare, possono essere descritte attraverso i nove blocchi del “Business Model Canvas” (si rimanda al paragrafo successivo), piuttosto che iniziare a redigere i tradizionali schemi di business plan.

L’amletico quesito su “quale strategia di investimento” e “quale modello di business”, per ottenere la sostenibilità delle ipotesi di lavoro iniziali, in generale, si focalizza sulle dimensioni critiche del settore in cui investire, del raggio d’azione (locale, nazionale, internazionale), della fase tecnico-produttiva della filiere, del sistema del valore globale, della scelta “make or buy”, etc. In concreto, alcuni quesiti contribuiscono ad analizzare e descrivere l’ambito competitivo entro il quale operare: come caratterizzare la value proposition, quali risorse sviluppare e/o acquisire in via prioritaria, quali opzioni tecnologiche, quali segmenti di mercato servire, quali prodotti e/o servizi per essere competitivi, come organizzare i processi produttivi e distributivi, quale immagine dell’impresa (o dei prodotti), quali vantaggi nei confronti dei concorrenti, etc. Il business planning è sostanzialmente un processo di aggregazione, modifica e trasferimento di risorse in prodotti e, in particolare, è la “conoscenza” la risorsa chiave per creare il valore dell’impresa. A tal fine, la costruzione e lo sviluppo della capacità reddituale dell’impresa si genera attraverso l’aumento del capitale economico (creazione di valore) che a sua volta determina l’aumento del valore di mercato (diffusone del valore). La misura del valore potenziale generato dall’iniziativa oggetto del business planning può avvenire attraverso la rappresentazione tradizionale con i seguenti indicatori di efficacia dell’investimento: flusso di cassa operativo al lordo degli oneri finanziari, flusso ricevuto dai finanziatori, dividendi. Tuttavia, l’attività di business planning secondo l’approccio lean risente del processo iterativo di modifica dei tratti caratteristici delle ipotesi di lavoro e, dunque, dell’impatto a più riprese sul mercato. Il lean business planning è un processo, rapido e iterativo, che si articola in una sequenza di elementi critici tra loro complementari, come di seguito descritti nella figura 3.

  • Strategia: modello di business guidato dalle formulazione di una serie di ipotesi.
  • Sviluppo dei nuovi prodotti: analisi della percezione e dei bisogni attuali e potenziali del cliente presente nel mercato.
  • Engineering: sviluppo agile, costruzione iterativa e incrementale del prodotto.
  • Organizzazione: capacità di apprendimento dei gruppi che sperimentano sul campo, iterativamente, la risposta dei clienti in funzione dei prodotti che con rapidità operativa e flessibilità produttiva si adeguano in base ai vantaggi ricercati dai clienti.
  • Reporting finanziario: indicatori del costo di acquisizione del cliente, valore del cliente nell’arco dell’intera relazione, rotazione dei clienti, diffusione virale.
  • Insuccesso (atteso): che si supera attraverso il processo iterativo di sperimentazione sul campo delle ipotesi; se le idee di business non funzionano vengono corrette e, eventualmente, abbandonate.
  • Velocità (massima): si opera in base ai dati ritenuti sufficientemente attendibili per affermare: “good enogh!” oppure “l’ottimo è nemico del buono!”.

Limitarsi alla rappresentazione tradizionale (conto economico, stato patrimoniale, prospetto dei flussi di cassa) è nello scenario competitivo attuale poco realistico. Le ipotesi si articolano nella successione di domande strategiche chiave (perché, chi, cosa, come, dove, quando) che fanno funzionalmente riferimento, sia ai fattori critici di successo nel mercato, rispetto ai clienti e concorrenti, sia ai punti di forza e di debolezza della Startup. Le ipotesi di partenza si costruiscono rispetto ai principali scenari, in base alla forma del ciclo di vita dei prodotti progettati, lanciati e modificati a seguito dei feedback raccolti dal mercato.

La rappresentazione del ciclo di vita del prodotto (CdV) può assumere diverse forme, come schematicamente sotto riportato (Fig. 3). In particolare, la rappresentazione del CdV può aiutare a comprendere quanto è delicata la fase di lancio del prodotto, d’ingresso nel mercato e dello sviluppo della domanda. Il lean business planning è funzionale alla realizzazione di un veloce processo di apprendimento, con un elevato grado di coerenza, reiterando la sperimentazione delle ipotesi di prodotto “minimo accettabile” e la percezione dei vantaggi ricercati dal cliente nel mercato. Tale capacità di apprendimento è sicuramente una competenza distintiva della Startup che con rapidità operativa e flessibilità produttiva sperimenta sul campo, iterativamente, l’andamento delle vendite dei prodotti. Le ipotesi, le idee, i prodotti sono concretamente sostenibili se l’andamento delle vendite è coerente con l’operatività della produzione e lo sviluppo organizzativo. I risultati di vendita evidenziano l’armonia raggiunta, sempre da ricercare nelle dinamiche tra vantaggi ricercati dai clienti e prestazioni offerte dai prodotti; pricing e quantità sono la diretta conseguenza misurabile. La rappresentazione grafica con due variabili ortogonali, il tempo nelle ascisse e le vendite nelle ordinate, contribuisce a delimitare e descrivere la natura della risposta del mercato di riferimento. Ad esempio, un’ipotesi di prodotto che riscontra un apprendimento lungo impegna la Startup a sostenere la penetrazione del mercato oppure se il “colpo di fulmine” tra prodotto e cliente è immediato, l’efficacia della scalabilità è l’opportunità da cogliere velocemente. Aldilà del livello di vendite raggiunto (fuoco di paglia, fiasco, introduzione mancata), la durata nel tempo delle vendite garantisce la sostenibilità economico-finanziaria secondo un ciclo lungo, a riprese successive o che risente dell’effetto moda (Fig. 3).

Fig. 3 Varietà dei profili del Ciclo di Vita dei Prodotti

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L’andamento delle vendite mostra sinteticamente la risposta dei clienti. Quest’ultima prende forma nelle fasi differenti del ciclo di vita del prodotto (introduzione, crescita, maturità e declino). Lo schema sinottico sotto riportato (Fig. 4) mostra le principali opzioni strategiche in funzione delle differenti fasi del CdV. In particolare, partendo dal risultato delle vendite (scarse, rapidamente crescenti, livello massimo, riduzione progressiva) si prendono in considerazione costi e profitti (negativi, crescenti, alti, decrescenti). Si individuano così obiettivi, politiche e mix delle leve di marketing distinte per ogni fase del ciclo di vita.

La fase dell’introduzione del prodotto si fonda sulla capacità organizzativa di creare conoscenza del prodotto e stimolare la prova per sostenere gli investimenti e, quindi, alimentare la crescita che si ottiene con le vendite che massimizzano la quota di mercato. Nel mercato maturo lo scopo è il mantenimento del vantaggio competitivo, espresso in termini di profitto, difendendo la quota di mercato relativa procrastinando la fase del declino, durante la quale solo la riduzione dei costi medi totali consente di estrarre ulteriore valore dalle vendite che si riducono progressivamente.

Fig. 4 Ciclo di Vita, strategie competitive e marketing-mix

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Nella prospettiva del business planning emerge chiaramente l’importanza dell’andamento delle vendite quale dato sintetico del successo dell’investimento in termini di risposta del cliente e valore dell’offerta (prezzo) ottenuta sul mercato.

Nell’ipotesi di imprese in funzionamento, la risposta del cliente deriva dall’apprezzamento del portafoglio prodotti che si collocano nelle diverse fasi del ciclo di vita (introduzione, crescita, maturità e declino). In tal caso è necessario prendere in considerazione l’assetto complessivo del rapporto prodotto-mercato dell’impresa. Ne derivano varie implicazioni circa le principali opzioni strategiche realizzabili per conseguire un piano di sviluppo sostenibile, sia per le Startup, sia per le imprese operanti sul mercato. La matrice “Analisi dinamica di un portafoglio prodotti” e quella per definire gli “Scenari di portafoglio alternativi” mostrano le diverse ipotesi di percorsi strategici percorribili. Nella prima rappresentazione (Fig. 5) i prodotti in portafoglio secondo il business model, in funzione delle vendite realizzate dall’impresa, si analizzano in termini di stima del tasso di crescita del mercato e della quota di mercato relativa rispetto al concorrente leader di mercato. In tal modo, nel business plan si mappa il contributo (qualitativo e quantitativo) di ogni prodotto rispetto al dato totale delle vendite, del potenziale di sviluppo delle vendite stesse e dell’andamento delle quote di mercato relative.

Fig. 5 Analisi dinamica di un portafoglio di prodotti-mercati

ImmaginezzzzNella seconda matrice (Fig. 6) il business planning si arricchisce dell’analisi degli scenari di portafoglio alternativi, in relazione alla generazione e al fabbisogno di liquidità e, contestualmente, al tasso di crescita del mercato e alla quota di mercato relativa del prodotto offerto. Anche in questo strumento di analisi si pone grande attenzione sulle vendite che influenzano direttamente l’andamento dei flussi di cassa (liquidità), determinano la quota di mercato quale indicatore sintetico della capacità competitiva, in particolare, rispetto ai concorrenti e, in generale, nel mercato.

La decisione di introdurre un nuovo prodotto innesca un processo dinamico di azione-reazione determinato dalle strategie messe in atto dagli attori coinvolti. Pertanto, i comportamenti delle imprese first mover, di quelle imitatrici e utilizzatrici si intrecciano dinamicamente sul mercato. In generale, non necessariamente i nuovi prodotti determinano cambiamenti sostanziali nella struttura competitiva; ciò perché la natura, le modalità ed i tempi di adozione da parte del cliente (time to market) incidono con intensità diversa sull’andamento delle vendite (flussi di cassa) e, quindi, sulle dinamiche competitive (acquisizione di un vantaggio competitivo).

Fig. 6 I principali scenari di sviluppo di prodotti alternativi

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Le strategie dell’Innovatore (descritti dalle “traiettoria”) tendono ad utilizzare la liquidità generata dai prodotti “Cash Cow” che alimentano il cash flow dell’impresa per pianificare le fasi successive il business development (es., R&D, Comunicazione) che potenzialmente può diventare un prodotto “Star”.

La traiettoria dell’imitatore sfrutta la liquidità generata dai prodotti “Cash Cow” per migliorare e progredire le specifiche del prodotto assumendo il ruolo dell’imitatore dei prodotti Star dei concorrenti. La traiettoria disastrosa si genera quando un prodotto “Star” evolve verso il quadrante dei prodotti “Enigmi”, così la traiettoria della mediocrità permanente condanna un Enigma verso il quadrante dei prodotti “Pesi Morti”.

La descrizione della “Roadmap” del business planning, con i principali dati/informazioni “Milestones”, sintetizza gli step pianificati, sia da un punto di vista produttivo, sia di sviluppo dei segmenti di mercato, descrivendo gli obiettivi di breve e medio termine (12 – 18 mesi). Il timeline o Gantt delle attività che si articolano nel periodo di riferimento mostra il chiaro percorso di esecuzione e di sviluppo del progetto. Gli effetti degli investimenti sui mercati di riferimento si riflettono sul processo di trasformazione del mercato in termini di ampiezza, intensità e omogeneità della domanda (es. vendite, quote di mercato) e grado di attrattività e posizione relativa dell’impresa (es., EBTDA, profitti).

… Continua al prossimo articolo.

foto romano*Marco Romano (Ph.D.) è professore associato di “Imprenditorialità e Business Planning” e di “Logistica e Distribuzione Commerciale” presso il Dipartimento Economia e Impresa dell’Università degli Studi di Catania. È stato Componente del Consiglio Direttivo dell’APSTI-Associazione dei Parchi Scientifici e Tecnologici Italiani, Dirigente Generale del Dipartimento delle Attività Produttive, Direttore Generale del Servizio Urgenza Emergenza Sanitaria 118 Sicilia e Presidente del Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia. L’intensa attività scientifica-professionale ha interessato, tra gli altri, CNR, INFN, ICE, MEDSPIN, UNIONCAMERE Sicilia, CIRM, MAAS, EST, ISMET, SIBEG, ZAPPALÀ, EST. È stato Visiting Scholar presso Whitaker Institute for Business, University of Ireland e Visiting Lecturer del Warrington College of Business, University of Florida (USA). È autore di numerose pubblicazioni e relatore in convegni nazionali e internazionali in tema di entrepreneurship, entrepreneurial principal investigators, local innovation systems, strategic management, technology transfer, channel management, family business, no-profit organizations.