di Lorenzo Palumbo*
Il codice etico si avvia attraverso un processo di consultazione dei gruppi di stakeholder interni ed esterni che prevede:
1) definizione della visione etica dell’impresa: la scrittura del codice etico in parte “inventa” in parte ricostruisce la visione etica dell’impresa, esplicitando i princìpi guida che orientano il raggiungimento della missione d’impresa[1];
2) identificazione degli stakeholder: il codice deve individuare tutti coloro che hanno un interesse legittimo nelle attività dell’impresa, dei principi etici generali da perseguire, le norme etiche per le relazioni dell’impresa, sia perché ci lavorano e quindi contribuiscono alla realizzazione degli scopi aziendali (mission), sia perché le attività di impresa, in un qualche modo, influenzano e determinano la condizione di benessere[2].
3) Enunciazione dei principi etici generali: i principi etici generali, come quelli che abbiamo visto sopra, sono sempre in grado di fornire un criterio per orientare i comportamenti di tutti i membri dell’organizzazione-impresa nelle relazioni con gli altri stakeholder[3].
4) Analisi delle aree organizzative critiche nelle relazioni con gli stakeholder: per ciascun gruppo di stakeholder vanno identificate e messe in luce le aree critiche che possono dar luogo a comportamenti non etici o illegali[4].
5) Definizione di norme, standard, divieti, obblighi: in relazione alle aree critiche individuate, l’applicazione dei valori e dei principi etici richiede la definizione di regole osservabili, chiare e cogenti[5].
6) Revisione delle politiche aziendali alla luce dei principi previsti dal codice etico: revisione delle politiche aziendali esistenti al fine di verificare la loro coerenza con i principi del codice ed eventuale modifica[6].
7) Identificazione degli strumenti di attuazione e controllo: identificazione delle strutture organizzative (ethics officier, comitato etico) e dei processi aziendali (formazione etica) preposte a favorire l’attuazione del codice etico e monitorarne l’efficacia[7].
Quali funzioni svolgono l’ethics officier e il comitato etico?
La figura dell’ethics officier nasce negli Stati Uniti negli anni ’70, ma ha una grande diffusione a partire dagli anni ’90. Dal 1992 esiste anche l’EOA (Ethics Officier Association), l’associazione professionale riservata ai responsabili dell’etica d’impresa. I suoi associati, migliaia di individui, appartengono a imprese operanti in tutti i settori produttivi, e rappresentano oltre il 50% delle maggiori imprese statunitensi secondo la classifica Fortune 100. Per quanto riguarda l’Italia la figura è ancora poco diffusa[8].
Il suo ruolo è quello di: “comunicare, monitorare, e assicurare l’attuazione, ad ogni livello organizzativo, di valori e standard adottati dall’impresa[9]”.
Il comitato etico si trova soprattutto nelle imprese di grandi dimensioni e svolge gli stessi compiti dell’ethics officier, con la differenza che il comitato etico può prevedere il coinvolgimento di rappresentanti interni dell’impresa, che possono dare un contributo di conoscenza storica, valoriale e operativa determinante nella fasi di attuazione del codice etico.
Le funzioni:
- definire le iniziative atte a diffondere la conoscenza e la comprensione del codice etico;
- coordinare e supervisionare l’elaborazione delle politiche aziendali che attuano le indicazioni del codice etico;
- seguire la revisione periodica del codice etico e dei meccanismi di attuazione;
- esprimere pareri sulle violazioni del codice etico e suggerire sanzioni alla direzione d’impresa;
- tutelare coloro che hanno segnalato violazioni del codice da eventuali ritorsioni cui possono andare incontro;
- impostare, progettare e implementare il piano di formazione etica;
- redigere periodicamente un rapporto di auditing etico[10].
Per quel che riguarda le sanzioni, si va dalla semplice disapprovazione pubblica alle sanzioni previste dal contratto per i casi in cui viene meno il rapporto fiduciario che possono arrivare fino al licenziamento. Le sanzioni più utilizzate sono: annullamento di incentivi, premi, promozioni, avanzamenti retributivi.
Occorre quindi un piano di formazione sul codice etico?
L’attività informativa e formativa mira innanzitutto a rendere edotti tutti i membri dell’organizzazione relativamente agli impegni etici assunti dall’impresa con il codice etico. La responsabilità può essere esercitata solo se l’interessato conosce e sa applicare le indicazioni del codice.
La formazione, inoltre, serve per costruire una cultura etica d’impresa forte e integrata e per acquisire alcune competenze etiche per gestire questioni particolarmente delicate legate a specifiche situazioni in cui ci si può trovare operando nell’impresa.
Il modello formativo è variabile e dipende dalle dimensioni dell’impresa. Nel caso di una impresa di dimensioni medio-grandi è bene pensare a un corso breve per tutti i dipendenti e i membri del consiglio di amministrazione, mentre per i manager un corso vero e proprio di almeno 20 ore. Per i fornitori si può realizzare un’attività di consulenza che segue ad una comunicazione scritta. Per gli azionisti si produrrà un opuscolo molto dettagliato. La formazione deve vertere sui princìpi generali, i doveri dei singoli, le pratiche lavorative e riflessi etici, le sanzioni, gli attori coinvolti nelle decisioni che hanno una rilevanza morale e il loro trattamento attraverso le norme del codice etico.
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[1] Sacconi L. (a cura di), Guida critica alla Responsabilità sociale e al governo d’impresa, Bancaria editrice, Roma, 2005. p.614.
[2] Sacconi L. (a cura di), ivi, pp. 614-615.
[3] Sacconi L. (a cura di), ivi, p. 615.
[4] Ivi, p.615.
[5] Ivi, p.615.
[6] Ivi, p.615.
[7] Ivi, p.615.
[8] Del Colle S., in Guida critica alla Responsabilità sociale e al governo d’impresa, Bancaria editrice, Roma, 2005. p.638.
[9] Tansey M. L. e Miller W., The future of global business ethics programs, in International Business ethics Review, vol. 5, Issue 1, 2002.
[10] Del Colle S., in Guida,op. cit, pp.637-639.
* Lorenzo Palumbo
Dottore di ricerca in Etica, docente di ruolo di Filosofia e Storia, professore a contratto di Etica degli Affari presso l’Università degli Studi di Palermo dal 2007 al 2011, Eticista. Segretario e referente per l’etica degli affari del C.S.E.A. Centro Studi per l’Etica Applicata. Consulente di soggetti economici ed enti pubblici per l’adozione di standard etico-sociali. Ha tenuto seminari per soggetti diversi sul tema dell’etica economica e partecipato a convegni in qualità di relatore. È inoltre autore di decine articoli di argomento vario e di saggi di etica applicata su vari giornali e riviste specializzate. L’ultima fatica editoriale è il libro: Il manager (er)etico, Aracne, Roma 2011.