Che differenza c’è fra desiderio attivo e desiderio passivo?

Mi trovo spesso, durante i miei interventi formativi, a porre questa domanda ai partecipanti, agevolandoli nella risposta sottoponendo una ulteriore domanda: immaginate che io sia un atleta che si cimenterà nella gara dei 100 metri e che vi dica “Voglio vincere la prossima gara”, è un desiderio attivo o passivo?

Gran parte delle volte la maggioranza risponde che è un desiderio attivo, pensando che basti solo la volontà a vincere una gara. La riflessione che faccio fare è che la sola intenzione non prevede un’azione, per cui si tratta di un desiderio passivo. E’ come dire a se stessi “Voglio diventare un Medico” senza iscriversi all’Università.

Il passaggio da fare pertanto è che, partendo da un’intenzione passiva, si devono analizzare tutte le azioni necessarie alla realizzazione dell’obiettivo, che rendono attivo il desiderio.

Tornando all’esempio della gara dei 100 metri, è come dire a se stessi: “Voglio vincere , sperando che nessuno corra più veloce di me”. Per trasformare pertanto il desiderio in azione e poter vincere la gara, è necessario chiedere a se stessi: “Cosa posso fare per raggiungere il mio obiettivo?”

Partendo dalla data della gara, sarà necessario:

  • pianificare una tabella di allenamenti,
  • seguire una dieta adeguata,
  • valutare la zona nella quale si svolgerà la gara,
  • studiare gli ulteriori partecipanti;
  • misurare gli avanzamenti della preparazione
  • prepararsi mentalmente alla gara

Da questo elenco di punti, è possibile trarre l’importanza della pianificazione e dell’applicazione di una strategia da verificare passo dopo passo.

In psicologia si parla di locus of control, interno o esterno, per indicare quanto “peso” la persona dà alle risorse interne e quanto alle forze esterne rispetto all’influenza che queste possono esercitare sul raggiungimento degli obiettivi che ci si è prefissati.

Perché il desiderio porti all’azione è necessario lavorare sul locus of control e spostare più peso su quello interno: difficilmente le persone si danno da fare se credono che i loro risultati dipendano da fattori che non possono controllare.

Un approccio sano e produttivo al business, e a tutti gli obiettivi personali in genere, prevede una corretta valutazione delle proprie capacità e dei propri limiti, ma anche delle opportunità e delle minacce che l’esterno porta con sé. Solo in questo modo si può capire quanto c’è di realizzabile del desiderio, e questa consapevolezza, per quanto possa a volte non piacere perché non corrispondente al 100% del desiderio iniziale, è una grande risorsa.

Aver chiaro quale sia lo scostamento fra l’ideale ed il reale e sapere su cosa concentrare gli sforzi e le energie, permette di aver chiaro il contesto in cui si opera e di organizzare il futuro.

Il desiderio come si sa è la forza motrice dell’azione, per cui è fondamentale partire dall’idea, conoscere quale è il motivo che spinge all’azione (motivazione=motivo+azione), stendere un piano di azione, verificarne i risultati.

Queste tecniche vengono affrontate e sviluppate in aula durante i nostri interventi sulla motivazione orientata al risultato, con l’obiettivo di rendere i partecipanti consapevoli del perché agire e di come agire. L’assunzione di consapevolezza crea le condizioni affinchè la persona venga spinta dal desiderio di fare, attivando pertanto il desiderio attivo eseguendo tutte le operazioni necessarie per raggiungere il proprio obiettivo.

Approfondisci l’argomento: A scuola di motivazione.