*di Monica Mandalà

I passi per gestire un gruppo di lavoro e renderlo “efficace”

monica 3Le leve della gestione di un gruppo di lavoro orientato all’efficacia risiedono nella dimensione relazionale e in quella motivazionale. In termini relazionali è stato messo in evidenza quale influenza abbiano i vissuti di consapevolezza di partecipazione e scambio di conoscenze e competenze tra i membri del gruppo, e quale valore tale cognizione acquisisca. In termini motivazionali un bravo leader deve essere in grado di motivare il gruppo di lavoro attraverso una sfida basata sull’uso dell’autorità/orizzontalità. Questo per dire che spesso la gestione delle risorse umane più che seguire le regole del buon senso, è orientata verso politiche e tecniche impersonali e decontestualizzate, che spesso producono malumori nel gruppo e portano al raggiungimento di risultati che vanno nelle direzioni opposte di ciò che invece ci si aspettava.

Pertanto, Kaneklin (op.cit) consiglia di fare un uso adeguato della autorità da parte del leader, attraverso lo sviluppo di competenze cruciali:

  1. guardare al gruppo come un microsistema organizzativo e relazionale che richiede, in base ai contesti, specifiche rimodulazioni dei comportamenti organizzativi.
  2. Affinare i propri comportamenti gestionali verso forme di partecipazione e coinvolgimento delle persone rispetto agli obiettivi prefissati e i risultati che si intendono raggiungere.
  3. Formulare obiettivi adeguati, ovvero, realistici e concreti rispetto ai contesti di intervento.
  4. Trattare i dati qualitativi e quantitativi facendo riferimento alla propria realtà organizzativa.
  5. Orientare il gruppo di lavoro ad operare secondo l’intersoggettività.

Accanto a queste aree di competenza che vanno, come precedentemente detto, potenziate nei leader del gruppo si accompagnano altre dimensioni dotate di una certa criticità, anche queste degne di nota. Da un lato infatti, c’è il problema del rispetto della intersoggettività come conditio sine qua non dell’efficacia del gruppo di lavoro, che vede la socialità come motore trainante piuttosto che il bisogno di ciascuno all’affermazione di sé e all’istinto di protezione. Dall’altro, la funzione gestionale di un leader, gli richiede di adattarsi continuamenti ai cambiamenti organizzativi e proporli all’interno del proprio contesto con una certa frequenza. Ciò che accade in questi casi è che ci si dimentica che i sistemi produttivi non possono essere gestiti in modo efficace e sottoposti a modifiche solo attraverso semplici comandi e direttive. La capacità del buon leader sta, in queste circostanze, nel giungere ad una rappresentazione condivisa di ciò che sta accadendo, proponendo obiettivi chiari e motivanti a tutti i membri del gruppo.

Un altro elemento non trascurabile da un punto di vista della criticità della governabilità di un gruppo di lavoro è l’esercizio dell’autorità. Il problema risiede nell’anteporre i propri bisogni personali, anche inconsci, ai bisogni del gruppo e dell’organizzazione. Gli studi condotti da Enriquez, (1991) mettono in evidenza che in questa area si trovano tutti coloro che chiamati a gestire un gruppo di lavoro e una realtà organizzativa possono, attraverso l’esercizio del proprio potere, posizionarsi su tre aree definite: i “megalomani”, “i manipolatori perversi” e “i seduttori”.

I “megalomani” mostrano comportamenti di tipo paranoico, pensano di essere stati eletti dall’Alto e credono di dover realizzare una missione di salvezza della propria azienda. In questo caso il megalomane viene accettato come un redentore. Esempi nella storia sono state le esperienze di Stalin, di Hitler. I “manipolatori perversi” sono invece coloro che credono di avere in mano la Verità, che programmano e guidano l’organizzazione come una scacchiera. I “seduttore” si adeguano alle attuali forme di uomini di successo, presentano tratti isterici e vedono il mondo come un grande teatro, in cui hanno il ruolo di scrivere il copione migliore. Rispetto alle due forme precedenti, questo tipo psicologico non vanta doti uniche, ma tutti potrebbero averle, basta voler mettere in pratica con motivazione diventando “capitani d’impresa”. (Enriquez, op.cit).

Volendo rivolgere l’attenzione alla tipologia di problemi che il leader si trova ad affrontare nei gruppi di lavoro, si può fare una divisione tra problemi di ordine individuale e problemi di carattere collettivo (vedi fig. 1).

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La “rosa dei venti” è una soluzione che orienta l’ascolto di chi si trova in una posizione di conduzione dei gruppi di lavoro e di gestione delle problematiche organizzative. Al primo quadrante si collocano sia tutti i problemi di carattere tecnico strutturale che di valenza strumentale, per cui il gruppo di lavoro andrebbe orientato verso soluzioni strumentali di carattere organizzativo, in particolare in termini di innovazione organizzativa. Al secondo quadrante sono collocate problematicità collettive connesse ad aspetti processuali, per esempio la frammentazione organizzativa, la comunicazione insufficiente, la conflittualità tra sottogruppi. In questo caso il gruppo di lavoro andrebbe orientato verso l’evoluzione del sistema di relazioni, con l’obiettivo di sviluppare e riqualificare legami sociali, per ristabilire l’integrazione. Al terzo quadrante si trovano le difficoltà individuali collegate a problemi di ordine processuale. In questi casi si manifestano conflittualità tra colleghi o con l’autorità. Pertanto, andrebbero ridefiniti i ruoli di ognuno sul  versante sia professionale che organizzativo. Infine il quarto quadrante mostra problemi di carattere individuale che si manifestano in uno o più soggetti presenti nel gruppo e connessi alle dimensioni strutturali dell’organizzazione. Un esempio è quello delle difficoltà di comprensione del lavoro, difficoltà di gestione di progetti, difficoltà di comprensione dell’apporto del proprio contributo all’organizzazione. Queste problematicità dovrebbero essere superate attraverso lo sviluppo e il potenziamento delle competenze e delle capacità organizzative e tecniche. Rispetto a questo ordine di problematicità, l’ascolto di chi gestisce il gruppo di lavoro dovrebbe essere orientato verso tutti questi aspetti presentati nella rosa dei venti, aspetti spesso latenti e non visibili e tangibili.

Conclusioni

In questo breve saggio si sono volute mettere in luce alcune caratteristiche sostanziali del concetto di gruppo, facendo una disamina, seppur di carattere generale, del concetto di gruppo e del concetto di gruppo di lavoro, per evidenziare il senso dell’efficacia collettiva funzionale all’incremento della produttività di impresa. Tuttavia, ciò non esime dalla  criticità di appartenere ad un gruppo che a tratti nasconde l’individualità e il bisogno di autoaffermazione, radicato in ciascun essere umano.

L’intento è stato quello di mostrare come un gruppo di lavoro si inserisce in un contesto organizzativo e quali parametri vanno rispettati affinchè sia efficace in termini di sviluppo d’impresa. L’attenzione posta sulle difficoltà di conduzione e sulla gestione delle dinamiche organizzative sottese ad un gruppo di lavoro, ha voluto mettere altresì in evidenza, a cosa bisogna fare riferimento per non cadere in difficoltà recidive, che nel tempo deteriorano la coesione, l’appartenenza e la motivazione dei membri del gruppo. Complessivamente, il gruppo di lavoro si presenta come la sfida più grande a cui una organizzazione si sottopone; una sfida che si rintraccia nello sviluppo di una coscienza organizzativa fondata sulla intersoggettività, che si scontra con le individualità che tentano di emergere, ma che è la base affinchè un gruppo di lavoro possa definirsi “efficace”. L’attenzione è sulle relazioni tra i membri, sui processi di co-costruzione e di integrazione, che diventano vere e proprie risorse produttive.