boatman01di Angela Pontorno*

Nella società post-industriale, occorre far maturare e acquisire competenze che nel secolo scorso erano ritenute meno importanti. I buoni manager dell’era industriale erano esperti di settore, affidabili nel rispettare piani, programmi e budget. Oggi le organizzazioni cercano figure veramente talentuose soprattutto nelle soft skills, capaci di dettare INDIRIZZO, questa è una delle parole chiave, e di motivare le proprie persone, coinvolgendole nel fronteggiare sfide sempre nuove, che esigono, appunto, flessibilitàadattabilità a un contesto che richiede capacità di improvvisazione. E questo è un fattore competitivo e un vantaggio distintivo; conta l’intelligenza emotiva e non solo quella tradizionale.

A titolo esemplificativo, ma soprattutto di riflessione, il sinottico qui di seguito riportato evidenzia come le competenze soft, sono le più critiche, nella somma di competenze necessarie per l’espletamento di una funzione, quale quella del buyer, o acquisitore.

Laddove le competenze elencate in basso, sono i prerequisiti da ricercare in fase di selezione, nella parte immediatamente superiore le competenze tecnico-gestionali di base, il “WHAT”, nelle ultime due righe, un crescendo di competenze organizzative e negoziali.

Ovviamente, questo stesso schema, originale e completo nella visualizzazione, resta parziale se non viene incapsulato, anzi nutrito all’interno della visione strategica dell’insieme dell’azienda, della sua mission, della conoscenza dell’identità aziendale, dei suoi valori, senza i quali, è difficile interpretare completamente qualsiasi ruolo.

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D’altra parte le performance, come ben riassunto visivamente sono il confluire di conoscenze scolastiche o di background professionale, ma anche delle modalità di approccio nell’interazione, personali ma anche dell’organizzazione.

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Una competenza è infatti un comportamento osservabile, che rappresenta un set di conoscenze, abilità e capacità che risultano in una prestazione, in un rendimento funzionale agli obiettivi e strategie.

Queste competenze soft si applicano a tutti i dipendenti dell’organizzazione, anche se sono diversificate a seconda delle funzioni e dei ruoli. Diversi sono gli strumenti di sviluppo della leadership basati sulle competenze, i quali lavorano sulla valutazione e sullo sviluppo dell’individuo, sul gruppo e sull’efficacia organizzativa.

Lominger, leader mondiale in questo campo, ha, ad esempio, identificato 67 competenze comportamentali critiche per il successo, standardizzandone le definizioni e le terminologie per guidare discussioni con i propri collaboratori. Queste definizioni forniscono una “consistenza” globale ed evitano fraintendimenti o diverse interpretazioni. Ovviamente non occorrono tutte e 67 per lavorare!! Sono stratificate per tipologia e per ampiezza di funzione; ogni persona si focalizzerà su 5-10 competenze critiche per il suo ruolo, o, in una logica di sviluppo, su quelle da consolidare per coprire responsabilità più ampie.

Un recente articolo, pubblicato su un quotidiano a tiratura nazionale, lanciava la provocazione che, all’interno delle organizzazioni, “tutti vengano ritenuti dirigenti”, ovvero capaci di lavorare in piena autonomia e negli interessi dell’azienda, come un’orchestra jazz che suona in perfetta sintonia. Questa sintonia, cosa significa? È una cultura, è un obiettivo comune, è una mission, è un’impronta distintiva. Lo stesso articolo, citando una recente indagine Gallup negli Stati Uniti, rivelava però che solo il 30% del personale “da sempre il meglio di se stesso”, il 50% “si limita a fare solo lo stretto necessario”, e il 20% “pratica regolarmente l’assenteismo”, esercitando un’influenza negativa sui colleghi, esprimendo comportamenti poco professionali con i clienti interni ed esterni.

La scelta più pregnante e premiante, già nei processi di selezione del personale, si impone allora verso quei candidati non già in possesso di competenze tecniche e professionali, ma di etica nel lavoro e comportamenti. D’altra parte è sicuramente anche meno dispendioso in termini di “time to be”, partire da un’idea comune di etica del lavoro.

Altre ricerche di mappatura delle competenze ci indicano che i dipendenti più competenti sono quelli maggiormente “performanti”; che questi ultimi sono maggiormente produttivi di altri; che l’alta produttività amplifica la motivazione; e che le persone motivate sono altamente ingaggiate, ovvero si sentono “OWNER” dei processi all’interno dell’organizzazione.

Così le componenti sono tutte integrate per generare collaboratori che siano valorizzati singolarmente e nel contesto organizzativo nel suo insieme.

pontorno1Fonte: LOMINGER

E il Direttore del Personale? Deve diventare un partner alleato con il top management, deve indirizzare verso questa visione condivisa, svolge una nuova funzione di coaching e supporto acchè cresca la capacità di gestione e sviluppo dei collaboratori. È un moderno Caronte a supporto dei “musicisti”.

Approfondisci l’argomento: A scuola di motivazione. Come cominciare a remare tutti dalla stessa parte; La squadra vincente. Come creare e gestire un gruppo di lavoro.

 

* Angela Pontorno

Esperta e manager nella direzione di Sviluppo Risorse Umane dalla Zanussi Electrolux, fino alla Pfizer spa. Coniugata, con 3 figli, sostiene, strenuamente, da oltre 15 anni attività legate al mondo dell’educazione e della scuola, partecipando attivamente a progetti si sviluppo e fund raising in una fondazione scolastica nella città di Catania di cui è Vice Presidente e che conta oltre 450 studenti.

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