lean_management_systemQuante volte vi è capitato di inveire durante lunghe attese di una visita al pronto soccorso che sembra non essere mai per niente “pronto”? Quante volte, ricoverati per un banale intervento, avete cercato inutilmente di mantenere la calma, fino ad esplodere e unirvi anche voi alle lamentele per le carenze organizzative del vostro reparto? Siate sinceri, coraggio! Soprattutto in alcune città, lamentarsi per l’inefficienza dei servizi sanitari è quasi un obbligo morale!

Ma quante volte vi siete soffermati a riflettere su come alla radice di un ritardo per una tac o dietro una flebo non prontamente rimossa, più della negligenza di un chirurgo o dell’incuria di qualche infermiere, ci siano disordini e malesseri maturati dagli impiegati in aziende poco in salute, disordini che inevitabilmente si ripercuotono sulla conduzione quotidiana delle giornate di ciascuna cittadina e di ciascun cittadino (anche su coloro che pagano puntualmente le tasse)?

Solitamente ci rendiamo conto dell’interdipendenza tra le varie professioni solo quando qualcosa del meccanismo si inceppa, disturbando la nostra quiete. E questo principio vale anche per la vita di qualunque azienda, il cui buon funzionamento deriva da una corretta divisione dei compiti e da un’efficace coordinazione tra tutte le parti coinvolte, cosi da far risultare rapido e affidabile il servizio prestato dall’azienda nella sua interezza.

Ma quando qualcosa va storto, di chi è la colpa? È facile prendersela con la mancata professionalità di certi dipendenti, ma l’esperienza ci suggerisce che l’errore vada rintracciato soprattutto nel paradigma cui si ispira l’azienda.

A funzionare meglio sono, infatti, le aziende che hanno abbandonato la vecchia mentalità fordista, ossia di una produzione forsennata poco interessata al benessere del lavoratore, per abbracciare il punto di vista del Lean Management.

Esso, infatti, invita i lavoratori ad adottare un’organizzazione più snella in cui ogni membro dell’azienda, qualunque sia il suo “grado”, viene concepito come componente di una squadra al cui interno svolge un’attività il cui primario interesse è quello sì di realizzare profitto, ma soddisfacendo premurosamente le richieste del cliente che, nel modello fordista, sembrano invece non essere prioritarie.

Questo senso di estraneità alla mèta dell’impiego svolto diventa lampante nel caso di una struttura ospedaliera.

Da quando con i decreti legislativi 502/92 e 517/93 è stata attuata in campo sanitario una rivoluzione consistente nell’aziendalizzazione delle USL, degli Ospedali e dei Policlinici Universitari, è emersa anche la necessità di determinare il costo “pieno” del paziente. A tal proposito è stato introdotto il DRG (“diagnosis-related groups”, equivalente di ROD  “raggruppamenti omogenei di diagnosi”), un  sistema applicato a tutte le aziende ospedaliere pubbliche e a quelle private accreditate, che ha la finalità di controllare e contenere la spesa sanitaria. Bastano poche variabili specifiche del paziente (come età, sesso, tipo di dimissione, diagnosi principale, diagnosi secondarie, procedure/interventi chirurgici etc.), per poter tracciare a conclusione del ricovero una scheda di dimissione ospedaliera, i cui risultati vengono spediti alla Regione di appartenenza e quindi al Ministero della Salute.

Poiché il sistema DRG prevede il finanziamento delle strutture in funzione delle prestazioni effettuate, fornire dati che non corrispondono alla realtà perché non hanno fatto bene i conti con spese collaterali può rivelarsi alla lunga fatale per il bilancio statale o della struttura sanitaria privata.

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